SAN SEVERINO LUCANO [.com]

Impulso ai valori, alla cultura, all’unità…? Urge risvegliare le coscienze

L’epoca storica in cui viviamo è segnata da grandi svolte, da scenari di portata epocale: un tipo di civiltà scompare e un altro sta emergendo nella società i cui tratti stentano a delinearsi. La crisi è complessa ed è di natura chiaramente strutturale, poichè sono in questione le strutture portanti della vita sociale, le istituzioni particolarmente quelle politiche, il modello di sviluppo economico.
Alla radice di queste trasformazioni stanno alcune pericolose inversioni di valore, Crisi di valore dunque. Emerge allora l’importanza della presenza e del ruolo che la Chiesa svolge oggi in Italia: un contributo di prima grandezza, in una stagione difficile, per dare impulso agli autentici valori. Già Giovanni Paolo II, che aveva posto il rinnovamento della cultura in testa agli obiettivi del suo pontificato, aveva più volte denunciato la gravità delta crisi culturale che stava (e che sta attraversando) la nostra società e ne aveva indicato la via di uscita nella riscoperta e nel recupero dei valori spirituali.
Emerge l’arte delicata e sublime dell’educazione in cui occorre riconoscere una sfida culturale e un segno dei tempi, nonchè una dimensione costitutiva e permanente della missione magisteriale della Chiesa. La crisi pubblica, che travaglia le nostre famiglie, tocca in realtà le radici stesse dell’uomo e investe la figura e il progetto del suo destino. Oggi è in pericolo l’uomo, la persona umana è spesso banalizzata e cosificata.
E mentre con orgoglio noi lucani celebriamo il 30° anno del nostro Ateneo poniamo con forza l’accento sulla ricerca culturale, auspicando che la stessa Università sia sempre più aperta all’autosviluppo e fucina di professionisti ben formati.
La ricerca culturale, quale articolato processo di umanizzazione, coinvolge tutte le realtà, dalla persona alla comunità, dalla natura alla tecnica, dalle strutture sociali alle istituzioni, e si propone di renderle costantemente più umane, più consone, cioè, alla dignità ed alla libertà dell’uomo.
In conseguenza di ciò, la persona rappresenta il valore di fondo che dà significato all’attività universitaria.
Diciamo poi che la situazione di emergenza non è di breve periodo; perciò la tentazione sarebbe adesso la divisione, la fallace risposta della lotta di tutti contro tutti. Dalla crisi non si esce esasperando i conflitti e lo spirito di contesa, ma praticando rinnovata solidarietà e nuova amicizia civica. L’Italia è stata grande quando, nei momenti difficili, tutti si sono fatti carico e si sono presi cura l’uno dell’altro. Questo è tempo di risveglio della consapevolezza che ci lega un destino comune.
Occorre promuovere quei valori che favoriscono l’uguaglianza tra gli uomini, perseguendo l’unicità di ciascuno, cercano la vera libertà, fanno di ogni potere un servizio e fomentano l’amore reciproco. Ecco la necessità di educare alla cittadinanza responsabile. L’attuale dinamica sociale appare segnata da una forte tendenza individualistica che svaluta la dimensione sociale, fino a ridurla a una costrizione. Quindi restituiamo cittadinanza sociale alla solidarietà contro la crisi mediante un’ampia diffusione dei principi della dottrina sociale della Chiesa, anche rilanciando le scuole di formazione all’impegno sociale e politico.
Ricorre poi nel 2013 il 20° anniversario dell’Unione Europea. Pertanto crediamo di affermare che c’era e c’è la speranza di tutti che l’integrazione europea rimanga e si consolidi nel tempo a livello culturale e valoriale. Allora occorre educare in tal senso i giovani, gli studenti affinchè essi siano convinti e trasmettano a tutti il concetto di unità europea; facciano conoscere appieno il significato di ciò che comporta; facciano capire soprattutto che la costruzione dell’Europa comincia dall’anima, dall’unità culturale e di valori, prima di ogni organizzazione economica e politica.
Occorre investire con l’apporto delle diverse componenti del mondo scolastico, ecclesiale e civile, in una università che promuova, anzitutto, una cultura umanistica e sapienziale, abilitando gli studenti ad affrontare le sfide del nostro tempo; deve abilitare all’ingresso competente nel mondo del lavoro e delle professioni, all’uso sapiente dei nuovi linguaggi, alla cittadinanza e ai valori che la sorreggono: la solidarietà, la gratuità, la legalità e il rispetto delle diversità.
Un cambio di cultura e di pedagogia è determinato da tanti fattori: risorse economiche, strutture culturali, educative e scolastiche, mezzi di comunicazione sociale… ma non si può dimenticare la priorità del fattore umano, a cui è strettamente legato l’autosviluppo. Una nuova cultura e una nuova pedagogia nascono da uomini nuovi, radicati nel loro popolo, impegnati con generosa dedizione a lavorare nell’oggi e protesi verso il futuro.
Papa Francesco, in una frase accorata, ha espresso un monito inequivocabile “Il futuro esige oggi — ha scritto il Pontefice — di riabilitare la politica, che è una delle forme più alte della carità. Il futuro esige anche una visione umanistica dell’economia e una politica che realizzi sempre più e meglio la partecipazione della gente, eviti gli elitarismi e sradichi la povertà”.
Recentemente a Bari il capo dello Stato ha dovuto assorbire la rabbia civile di tanti cittadini alle prese con la crisi constatando di persona quanto ampio sia ormai lo scollamento tra società civile e politica. «Noi senza lavoro e a Roma non lavorano», ha gridato un uomo molto amareggiato. Occorre allora dare lavoro perchè tutti percepiscano quel guadagno necessario per poter vivere e mantenere la famiglia.
“Il denaro deve servire e non governare!” proclama con convinzione Papa Francesco. Adduce l’esempio della scarsa coscienza sociale diffusa: l’indifferenza difronte ad un uomo che muore di freddo, mentre ci si eccita per gli scandali sociali o politici dei quali è sempre piena la cronaca.
Le parole di Francesco risuonano nelle encicliche di Leone XIII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, il corpus della Dottrina Sociale della Chiesa. Progresso dei popoli e pace in terra, nel nome dell’unico Dio, come unica è l’umanità che ha creato.
Nel Novecento due tristi utopie hanno mirato a costruire questa unità, nella sopraffazione. La nazista, nel nome della razza; la sovietica, sulla base del principio leninista per cui “se si vuole fare la frittata bisogna rompere le uova”, spingendo alla guerra. La loro caduta non ha aperto la mente dei governanti a una interpretazione religiosa della vita e della politica. Adenauer, De Gasperi, Schuman pensavano alla costruzione dell’Europa cominciando dall’anima, dall’unità culturale e di valori, prima di ogni organizzazione economica e politica. Invece, è andata come è andata, e ci ritroviamo ai tristi passi odierni.

Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano