SAN SEVERINO LUCANO [.com]

La crisi segna l’Italia in una dimensione antropologica impoverita

La campagna elettorale procede fra polemiche grottesche, promesse apodittiche, timori mal celati, retromarce incredibili. Ciascuno spera di attrarre elettori pescando nel mare magnum dei milioni d’italiani tuttora indecisi o propensi al non voto.
La chiarezza dev’esser fatta subito, cioè prima, ancora prima delle elezioni. Si dice cosa si vuol fare e con chi, e si mantengano le promesse, come conviene ad uomini d’onore. L’affidabilità di un partito e di una persona si può dedurre da questo: mantenere le promesse elettorali. Chi non lo fa danneggia la democrazia, ma soprattutto se stesso, perchè gli elettori ormai non sono più sprovveduti e negheranno il voto ai ciarlatani. MPS è al centro del dibattito tra i partiti, Giorgio Napolitano chiede chiarezza; soprattutto i politici facciano chiarezza.
In quest’anno di crisi gli italiani hanno fatto quello che viene loro meglio: arrangiarsi, valorizzando ciò che rimane di buono.
Il nuovo rapporto Censis 2012 delinea una società in crisi, dove paradossalmente aumentano il numero dei super ricchi, mentre il ceto medio è sempre più povero. Nel rapporto si ricordano i grandi temi di fondo: la compressione dei redditi reali, la crescente disuguaglianza, il progressivo impoverimento. La povertà attanaglia sempre più il Paese. Lo dice l’Istat, l’Istituto italiano di statistica, lo dicono associazioni e volontari in prima linea nella lotta contro la povertà. Sono sempre di più le persone, anche italiane, che l’anno scorso hanno chiesto aiuto per mangiare alle strutture di accoglienza o ai servizi di volontariato. Gli effetti della difficile situazione generale si fanno sentire sui consumi delle famiglie, che continuano a contrarsi, riflettendo, si afferma nel bollettino di Bankitalia, <<il prolungato calo del reddito disponibile, che nella media dei primi tre trimestri del 2012 si è ridotto del 4,3 per cento>>. Il problema, osserva il rapporto, è che mentre il Governo provava a risanare i conti <<i soggetti sociali non si sono sentiti coinvolti dall’azione di governo>>, perchè sospettosi che a questa strategia non seguissero adeguate riforme. Insomma, <<non è scattata la magia dello sviluppo fatto da Governo e popolo>> e il rigore di Governo <<non ha avuto lo spessore per generare forza psichica collettiva>>. Soprattutto i giovani vogliono dire una parola di coraggio in questa comunità degli uomini segnata dall’ipocrisia, dalla violenza, dall’alienazione, dalla sete di potere.
I giovani e il loro magro presente sono il nostro maggiore assillo. Siamo con questi giovani perchè è intollerabile lo sperpero antropologico di cui, loro malgrado, sono attori. Ecco le situazioni umane primarie, che vanno riconciliate a verità e speranza, i valori umani da salvaguardare: la dignità della persona umana, spesso offesa, dissociata nelle culture dominanti e manipolata, la promozione integrale dell’uomo, l’accoglienza e il rispetto per la vita, i giovani, la famiglia, la scuola, il lavoro, l’ambiente.
Il Card. Bagnasco afferma che <<il Paese sano è stanco di populismi e reticenze da qualunque provenienza e comunque vestiti> e <<la gente vuole che la politica cessi di essere una via per l’arricchimento personale>>. Bagnasco si sofferma molto sulla questione sociale, sulla disoccupazione, e soprattutto sull’impoverimento della popolazione e sui tagli al welfare e alla sanità.
In un’ottica antropologica oggi occorre <<parlare di bioeconomia>>, perchè <<senza il primato antropologico>> la finanza e l’economia <<sarebbero oppressive>> e <<lo stato sociale nascerebbe su basi anguste e riduttive>>.
Questi principi non sono verità di fede né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha, dunque, carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Quindi il mio dire non è da considerare puramente clericale.
Naturalmente l’antropologia cristiana aiuta la ragione, ma non si può parlare di confessionalismo. Anzi la posizione della Chiesa riguardo al diritto alla vita è esattamente il contrario del confessionalismo: è proprio la Fede che aiuta lo Stato  ad essere veramente uno Stato, cioè il forte difensore dei deboli, il garante della uguale dignità di tutti i consociati. Non a caso Benedetto XVI nella enciclica Charitas in veritate ha sintetizzato il cuore del dibattito socio-morale, dicendo che “la questione sociale è divenuta la questione antropologica”. Le parole d’ordine della modernità – dignità, eguaglianza, diritti umani, libertà, solidarietà e giustizia – si frantumano se non sappiamo chi è l’uomo. Quindi l’antropologia è della massima attualità.
Nei giorni scorsi ovunque si è celebrata la <<Giornata della Memoria>> in ricordo dell’Olocausto delle vittime del nazismo. La memoria di questa immane tragedia, che colpì così duramente soprattutto il popolo ebraico, deve rappresentare per tutti un monito costante affinchè non si ripetano gli orrori del passato, si superi ogni forma di odio e di razzismo e si promuovano il rispetto e la dignità della persona umana. Le atrocità teutoniche di 70 anni fa oggi si chiamano guerre, mafia, stupri, violenze su donne e bambini. Divampano attentati, si perpetrano delitti ovunque. L’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Occorre allora che la famiglia umana prenda sempre più piena coscienza della sua unità al di la di ogni discriminazione basata sulla distinzione di razza, colore, cultura, classe sociale e religione. Di fatti il razzismo appare ancora come una minaccia assai grave contro una catena di odio e di violenza che sfigura l’immagine dell’uomo, deforma le coscienze, separa gli uomini tra loro.
E’ questa un’ora delicata e determinante per la storia del nostro Paese (mi riferisco alle elezioni politiche imminenti). Sono seriamente in gioco i grandi valori della vita umana, del suo ordinato sviluppo personale, familiare, sociale e religioso, dalla libertà alla giustizia, dalla garanzia per una retta educazione e un dignitoso lavoro all’ordinamento di una convivenza sicura.
Dobbiamo chiamare tutti ad uno specifico esame di coscienza per saper discernere, per saper valutare onde assicurare un futuro migliore, all’indomani delle elezioni. Questo è un bilancio non solo di carattere politico, ma anche e soprattutto di carattere culturale ed etico. E’ necessario allora aiutare tutti a liberare tale bilancio dagli aspetti utilitaristici e congiunturali, partitici, corporativi, soggettivi, come pure dai rischi di una manipolazione dell’opinione pubblica.

Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano