SAN SEVERINO LUCANO [.com]

Siamo tornati alla barbarie?

La nostra società — radicalmente abnorme — si trova immersa nelle spire della violenza e della criminalità. Diciamo subito che l’uomo che rinunzia ai valori autentici si immerge in una bolgia di delinquenza e di violenza.  
Incute terrore particolarmente la `ndrangheta. Immaginare un bambino di tre anni ucciso a sangue freddo sul seggiolino e bruciato dentro la macchina, con il nonno, non puoi non domandarti se siamo tornati nella più profonda delle barbarie. Nessuna pietà per i bambini vittime per caso della `ndrangheta.
Ma è ora di combattere la criminalità con un lavoro onesto e rischioso. “Chiediamo ai giovani di uscire un po’ di più per le strade; chiediamo alla nostra Chiesa di essere più presente. Smettiamola di pensare che quello che è successo sia un fatto, che interessa la malavita. E noi dove stiamo? La malavita sporca anche noi, interessa anche noi, ci vede, purtroppo, anche se inconsapevolmente, complici di questa realtà”. Sono parole dure quelle pronunciate dal vescovo della diocesi di Cassano allo Jonio e segretario generale ad interim della C.E.I. monsignor Nunzio Galatino. Un monito severo, un richiamo di tutti all’impegno, dopo il ritrovamento, un mese e mezzo fa, nelle campagne cassanesi, di tre cadaveri carbonizzati tra cui un bimbo di tre anni: Nicola, per tutti Cocò. Vendetta, movente passionale, regolamento di conti, odio nell’ambito del traffico di stupefacenti, sono le ipotesi su cui lavora la Procura di Castrovillari.
Il Procuratore della repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio, dice: “come si fa a uccidere un esserino di tre anni in questo modo? Si è superato ogni limite. È qualcosa di inaudito, di orrendo. In tanti anni di lavoro credo che questo sia uno degli omicidi più efferati di cui mi sono dovuto occupare”. Un bambino vale un villaggio, dice un proverbio. Un bimbo potrebbe valere una nuova modalità di combattere una piaga sempre più diffusa. Dobbiamo ricostruire l’uomo: questo il problema. Dobbiamo passare ad un lavoro paziente, rischioso, che parta dall’educazione scolastica, da una pastorale seria e decisa, fino a una politica libera da dipendenze e da sudditanze umilianti e inspiegabili. C’è quindi alla base un grave problema culturale — pedagogico.
Nino Caponnetto soleva dire: “la mafia teme la scuola più che la giustizia, l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa”. E che dire del delitto macabro e raccapricciante perpetrato recentemente nella vicina Lagonegro? Un litigio iniziato per futili motivi, finito in grande tragedia: un ragazzo di soli 19 anni, Pasqualino Di Silvio ha perso la vita, dopo essere stato accoltellato tra collo e petto. Paolo VI afferma: “tutti siamo egualmente responsabili del nostro tempo, della vita dei nostri fratelli, responsabili di fronte alla scienza, alla storia”. Esorta: “bisogna agire oggi e subito, domani potrebbe essere troppo tardi.” Il “ciclone dell’odio e della morte”, pare si sia particolarmente abbattuto sulla nostra Italia.
La violenza, l’immoralità dilagante, la disonestà, gli attentati più gravi contro la libertà, la giustizia e la dignità della persona umana stanno a significare ciò che ci può dare una società disumanizzata, pregna di materialismo pratico.
L’uomo moderno è in cammino verso la distruzione e la dannazione, sta percorrendo una via chiamata “ODIO”, e nonostante che sia stato ammonito da una serie di catastrofi, non sembra intenzionato a tornare indietro. Come fermarlo? “Ben lungi dall’essere la pia raccomandazione di un sognatore utopista, il comandamento di AMARE e PERDONARE i propri nemici è un’assoluta necessità per la nostra sopravvivenza”, disse Martin Luter King: ecco la chiave per la soluzione del problema del nostro mondo in vulcanico tumulto.  
Papa Francesco ebbe a dire ai giovani nella sua visita pastorale in Brasile (luglio 2013) : “andate senza paura per servire il mondo. Portate il Vangelo per demolire il male, abbattere le barriere dell’egoismo, dell’intolleranza, dell’odio”.
Diciamo poi che il grave compito educativo da esplicare necessita di luoghi credibili: la famiglia — fondamentale palestra scuola di maturità, di virtù umane, civili e religiose con il suo ruolo peculiare e irrinunciabile; la scuola, orizzonte comune al di là delle opzioni ideologiche; la parrocchia crocevia delle istanze educative.
Soltanto una grande mobilitazione di intelligenze, di energie, di opinione pubblica che non tenti soltanto di bendare le ferite, ma agisca con una lunga, lenta, profonda e perseverante opera di rinnovamento, può costruire una sfida feconda con una testimonianza silenziosa, operante, efficace, capace di portare energie alla ricerca di un futuro più umanizzato.

Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano