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A proposito di ambiente: caro vecchio cantoniere (di Vincenzo Ciminelli)

[di Vincenzo Ciminelli, pubblicato su “La Grande Lucania” n. 8/2014]

Vorrei, in questo numero del giornale di questa estate agostana, fermare l’attenzione su un problema che sembrerebbe piccolo se confrontato con altri di ben maggiore portata e mi riferisco all’ambiente, in particolare a tutto il territorio del Parco del Pollino e ai problemi viabilità e manutenzione delle strade che sempre più spesso stanno diventando dei “tratturi”, cioè dei sentieri selvaggi senza nessuna protezione, abbandonate e lasciate nella peggiore incuria da parte degli uomini o, quel che è peggio, di coloro che a tal uopo dovrebbero provvedervi per renderle almeno più vivibili e utili per gli utenti. Abbiamo tutti constatato, in questa estate, che il territorio nazionale, soprattutto al Nord, è stato flagellato, messo in ginocchio dagli eventi atmosferici che, oltre ai danni all’agricoltura, hanno fatto registrare anche molte vittime. Ogni giorno si parla di disastri nei territori montani, in quelli marini e nell’agricoltura. Ci domandiamo: c’entra l’uomo in tutto ciò? Vi sono delle colpe? Chi si dovrebbe preoccupare di porvi rimedio? Nel nostro Parco Nazionale del Pollino non si può tacere sullo stato delle strade, la SP4 e non solo, dove l’incuria e l’abbandono la fanno da padroni. Tutti dovrebbero ricordare la frana che, per oltre sei mesi, ha costretto gli utenti a far uso del percorso alternativo per le frazioni Falascoso e Cornale. E che dire dei disagi e delle difficoltà per i camion e per i pullman nell’affrontare le curve e anche i tratti pianeggianti sconnessi, con buche e dossi? Chi dovrebbe provvedere? Le province non esistono più, ma prima facevano qualcosa? Chi si preoccupa oggi di questo stato di cose? Si vedono spesso squadre di uomini e donne con mezzi idonei e moderni al lavoro sulle strade provinciali, ma risolvono il problema? Mi viene spontaneo fare un paragone con le strade del Parco Nazionale d’Abruzzo, che è quello più vicino a noi e a noi simile per caratteristiche antropiche e floro-faunistiche. Le strade, pur tortuose, di montagna, con torrenti e fiumi che le lambiscono, si presentano in ottimo stato, pulite, ordinate e con con manutenzione ai lati che rende un vero piacere percorrerle. E allora? Non era meglio la condizione di una volta, quel passato non molto lontano che ci ricorda la cara vecchia figura del Cantoniere cui veniva affidato un cantone, quattro/cinque Km di strada provinciale, e con semplici attrezzi del mestiere (pala, piccone, rastrello e scopa) manteneva le strade ordinate e pulite, falciava le erbacce laterali, gli sterpi, le siepi, i rovi (rivital) buoni per le more ma che ora hanno invaso le carreggiate. Poiché la sede del Parco è a Rotonda e molti sono i preposti all’ambiente (politici, impiegati ed anche le comunità montane che, pur finite politicamente, hanno delle rappresentanze) ci si chiede se queste persone che transitano su queste strade si siano rese conto dello stato pessimo delle stesse e se abbiano fatto delle dovute riflessioni sul problema da risolvere. Quest’anno non si sono ancora visti uomini e mezzi che falcino e puliscano ai lati delle strade e ormai è passato anche Ferragosto. E quando ci si lamenta di incidenti, dell’acqua che a torrenti scola sul manto stradale e non va nelle cunette che ormai non esistono più e si creano montagne di foglie secche che gli pseudo-cantonieri gettano al di sopra dei parapetti, non pensando al fatto che cadranno di nuovo nelle cunette, non resta che pensare con nostalgia al caro vecchio cantoniere. Qualcuno potrebbe osservare che da tanti anni c’è la crisi, che bisogna pensare ad altro, che i tempi attuali non sono più quelli di una volta, ma non vi sembra che l’opera del vecchio cantoniere sia stata meritoria e degna di lode, poiché anche l’automobilista scambiava qualche parola con lui e gli chiedeva consigli? Ma tant’è e forse resta una cosa di positivo: per la raccolta delle more, un frutto che piace molto anche ai turisti, non c’è bisogno di scendere dalla macchina e di inoltrarsi nei boschi, basta allungare il braccio e raccogliere dal finestrino i frutti, i cosiddetti “cievuzi spini”dai “rivital”.

Vincenzo Ciminelli

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