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HABEMUS MATTARELLAM

 

Sergio Mattarella è il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana, eletto il 31 gennaio 2015 al quarto scrutinio, con 665 voti, a fronte di un quorum fissato a 505, temperamento mite eppure incisivo, pugno di ferro in guanto di velluto.

Nato il 23 luglio del 1941 a Palermo, vedovo, tre figli, una vita nella Democrazia Cristiana, storico Moroteo (corrente di Aldo Moro), giudice della Corte Costituzionale dal 2011, un siciliano atipico, perché di favori non ne ha mai fatti a nessuno.

Il suo curriculum politico si snoda tra la prima e la seconda Repubblica.È stato deputato dal 1983. Ha abolito la leva obbligatoria, ma alla storia del Paese è passato per l’omonima riforma elettorale: il Mattarellum in vigore in Italia dal 1994 al 2001.

Sobrio, riservato, di poche parole: “Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. E’ sufficiente questo”, le sue prime parole da Capo dello Stato.

È uno che ama il grigio, evita le telecamere, parla a bassa voce e coltiva le virtù della pacatezza, dell’equilibrio e della prudenza. Ma sotto quel vestito grigio e dietro quei modi felpati c’è un uomo con la schiena dritta, capace di discutere giorni interi per trovare un compromesso con l’avversario, ma anche di diventare irremovibile se deve difendere un principio, una regola o un imperativo morale. Come fece la sera del 26 luglio 1990, quando – con un gesto che ancora oggi Berlusconi ricorda – si dimise da ministro della Pubblica Istruzione perché Andreotti aveva posto la fiducia sulla legge Mammì, quella che sanava definitivamente le tre reti televisive dell’ormai ex Cavaliere. Si dimisero in cinque, ma fu lui a spiegare quel gesto di rottura senza precedenti, e lo fece a bassa voce e senza usare un solo aggettivo polemico: “Riteniamo che porre la fiducia per violare una direttiva comunitaria sia, in linea di principio, inammissibile…”. Fratello di Piersanti, il presidente della Regione Sicilia assassinato dalla mafia mentre andava a messa il 6 gennaio 1980. Scosso dall’aver assistito impietrito all’omicidio, soccorse il fratello che morì tra le sue braccia in ospedale. In quell’istante decise di raccogliere il testimone e continuare la tradizione politica cominciata col padre Bernardo (1905-1971), moroteo, più volte ministro nel dopoguerra, facendo della lotta alla mafia il suo vessillo, corredandola di altre virtù: moralità politica, trasparenza, severità dei costumi.

Ma la partita del Colle vede vincitori e vinti: il premier ha fatto scacco matto, ha infranto il Patto del Nazareno e ha ridato unità al suo partito.

E così, mentre il giovin signore di Firenze si gode la vittoria, il centrodestra è disintegrato e Berlusconi sconfitto.

Intanto, sul Colle sventola Balena Bianca.

 

Beatrice Ciminelli

 

 

 

 

 

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