SAN SEVERINO LUCANO [.com]

La visita

fiori di campo 062 copia

 

Fino ai primi anni Settanta era uso correre in soccorso,con generi alimentari e con tutto il sostegno emotivo, alla famiglia che aveva perso un proprio caro . Le donne da casa partivano portando sulla testa cesti pieni di pasta fatta in casa, legumi, carne di maiale e ogni sorta di alimenti per permettere alla famiglia del defunto di mangiare. Se la morte aveva fatto “nu scuonzu” cioè provocato una violenta separazione, aveva colpito ad esempio un giovane padre di famiglia o una giovane mamma o una persona che lasciava qualcuno in una situazione precaria, la famiglia a lutto non cucinava per giorni, a volte anche per un mese e in questo periodo tutte le donne della comunità si mobilitavano attraverso questo dono  chiamato “ cuonzulu”.
Oggi il “cuonzulo” non viene più nominato, è come se fosse stato lasciato ad un passato lontanissimo, arcaico, da dimenticare eppure, a mio avviso, resiste sotto una nuova forma, nel senso che molte volte si corre in aiuto alle famiglie colpite da un lutto, preparando loro qualcosa da mangiare la sera del decesso ma di questo oggi se ne occupano prevalentemente i parenti o i vicini di casa, non più tutta la comunità. Le donne oggi , nei giorni successivi, continuano ad affrettarsi a pensare, come tanti anni fa, alla “visita” ed al suo contenuto.
La “visita”che è sempre esistita come dono per avvenimenti lieti e malattie o a volte semplicemente come dimostrazione di stima tra famiglie, era un tempo, fatta di prodotti propri. Quando sono nata mia madre da alcune signore anziane ebbe in regalo una gallina e dei piccioni di colombo poiché si pensava che il brodo di colombo e di gallina facessero produrre più latte alla neomamma.
Dagli anni Ottanta “la visita” si trasformò in un pacchetto composto di prodotti commerciali, specie zucchero e caffè. Ancora oggi la “visita” è fatta prevalentemente di zucchero e caffè se poi l’evento è felice si aggiunge una bottiglia di liquore, una scatola di cioccolatini o caramelle mentre se è spiacevole: succhi di frutta, pasta, biscotti, carne o formaggi.
Sono le donne sposate protagoniste assolute della”visita”.  Interrompono le faccende e nel primo pomeriggio escono con le loro buste, capita che qualche signora particolarmente impegnata, possa anticipare alle 9:00 del mattino! Una delle caratteristiche più importanti delle “visite” è proprio il mancato preavviso. La signora che riceve deve gradire la presenza dell’ospite in qualsiasi ora del giorno poiché è un atto di gentilezza e di amicizia da ricambiare con altrettanta gentilezza e amicizia.
C’è una sorta di ritualità orale anche quando la “visita” è in atto che però non ne sminuisce il suo valore intrinseco, anzi ne accentua i toni affabili. La signora, entrando in casa con la busta in mano la poserà sul tavolo dicendo: “mi devi scusare se sono venuta solo oggi, dovevo venire prima …”. La padrona di casa cortesemente affermerà: “dovevi venirmi a trovare senza niente, perché hai dovuto prenderti tutto questo fastidio” e la signora risponderà: “te lo meriti!” Le signore poi si siederanno e inizieranno a parlare di tutto: di vita, di morte, di mariti, di figli, di galline e di orti e lo faranno per circa un’ora. Poi la signora si alzerà e la padrona di casa con fare gentile ringrazierà e pronuncerà la frase conclusiva : “Grazie  e bona rennita”, grazie e a buon rendere.  La padrona  di casa, rimasta sola aprirà i pacchetti. Più prodotti troverà nella busta e più aumenterà il rispetto e la stima verso la donatrice e il tacito obbligo  di restituire a tempo debito, quanto ricevuto. Questo rapporto di “visite” è la cosiddetta “ritenna”. Fino a qualche decennio fa il numero delle “ritenne” misurava la capacità di una donna di avere rapporti sociali nella comunità.
Oggi le giovani signore stanno abbandonando questo uso, qualcuna intrattiene un “rapporto di visite” solo con le più anziane, per buona educazione. Come tutte le cose che sono in procinto di scomparire si intravede all’orizzonte, dietro una luce fioca che fatica a riaccendersi, il suo aspetto più vero.
E’ sul senso di appartenenza, di condivisione di eventi piacevoli e spiacevoli che  ruota l’intera vita di una piccola comunità montana. Qui il sostegno tra le famiglie, tra le persone,  ha sempre costituito l’elemento essenziale per affrontare le difficoltà che la vita pone. Così da questo mutuo soccorso sono nate quasi delle consuetudini,  apparentemente banali e incomprensibili ma che raccontano la storia dell’etica delle comunità montane, dove gli inverni sono lunghi e le distanze verso i centri più grandi sono altrettanto lunghe per cui la solidarietà diventa  un’esigenza, senza ombra di buonismo fine a sé stesso.

Carmela De Marco

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